Editoria: Economist, nel 2043 la morte dei quotidiani

Internet e disinteresse della gente condannano carta stampata


di Franco Abruzzo (P. OdG Mi)

Londra, 24 agosto 2006. E’ il 2043, siamo negli Stati Uniti. Un lettore sfinito acquista l’ultima copia di un giornale su carta. E’ questa la sorte del quotidiano secondo quanto scriverà, sulla base di anticipazioni diffuse oggi, il settimanale britannico ‘The Economist’ nel numero in edicola domani. La rivista diretta da John Micklethwait dedica alla morte del quotidiano la copertina e un lungo articolo, lanciando un preoccupante allarme: nei prossimi decenni la diffusione della carta stampata è destinata a crollare sotto i colpi di internet e del disinteresse dei lettori. Il 2043 è destinata a diventare la data di scomparsa dei giornali in America, secondo un libro di Philip Meyer citato dall’Economist. La crisi dei giornali è già una realtà: la loro diffusione é ormai da decenni in costante calo in Europa occidentale e negli Stati Uniti. Le persone che lavorano nel settore negli Usa sono d iminuite del 18% tra il 1990 e il 2004. La Knight Ridder, società editrice proprietaria di alcuni dei maggiori quotidiani americani, ha dato il via ad un’operazione di smobilitazione, mettendo la parola fine ad una storia lunga 114 anni. Tutti segnali di quello che sta accadendo al più vecchio dei media. La condanna della carta stampata sembra ancora più inevitabile a causa dell’avanzata di internet: i ragazzi britannici tra i 15 e i 24 anni passano quasi il 30% in meno del loro tempo a leggere da quando hanno conosciuto la Rete. “Nei prossimi decenni, forse metà dei giornali del mondo sviluppato dovrà chiudere”, questa la lapidaria conclusione della rivista britannica. Non tutti, però, sono in pericolo. Pubblicazioni di alta qualità come “il New York Times e il Wall Street Journal dovrebbero essere in grado di aumentare il loro prezzo per compensare le minori entrate pubblicitarie” e, forse, potrebbero tenersi in vita grazie al sostegno di associazioni non-profit. Una strad a già intrapresa da alcune importanti testate come il Guardian. (ANSA).

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