.jpg)
Mentre negli Stati uniti la pratica 5G procede già all’assegnazione delle frequenze tramite gare, l’Europa si dà tempo fino al 2022, termine massimo entro il quale gli stati membri dovranno aver completato il passaggio delle frequenze comprese nei 700 Mhz dagli operatori televisivi a quelli delle telecomunicazioni.
Il rapporto Desi (Digital economy and society index) pubblicato in questi giorni dalla Commissione Europea assegna all’Italia solo il venticinquesimo posto nel ranking di crescita digitale. Ci si chiede dunque se i passi avanti che pure sono stati fatti nello sviluppo delle infrastrutture a sostegno della connettività siano o meno sufficienti a rispettare gli standard europei, anche nell’ottica dell’incremento della tecnologia 5G che già soffre le difficoltà italiane nel liberare la banda necessaria. In un’intervista per CorCom, il sottosegretario del Ministero dello Sviluppo con delega alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ha mostrato un deciso ottimismo in merito alla questione 5G, forse intravedendo una possibilità di riscatto rispetto alla situazione deficitaria fotografata dal Desi 2016; l’Italia prevede di attivare sperimentalmente rete e servizi 5G in ben cinque città, superando le attese dell’UE che ha richiesto agli stati membri di testare la tecnologia in almeno una città. A livello ministeriale, sembra esserci un grande entusiasmo per quella che viene vista non come una semplice nuova tecnologia, ma come opportunità fondamentale per l’economia italiana. Giacomelli stesso ha dichiarato che “sbaglia chi pensa che il 5G sia una semplice evoluzione del mobile: i player interessati a questa tecnologia sono una pluralità di soggetti ben più ampia dei soli operatori delle Tlc”, idealmente contemplando tra i soggetti sia i cittadini, sia le imprese private, sia i servizi pubblici dalla sanità ai trasporti. I problemi principali per l’Italia, però, restano le interferenze transfrontaliere e – soprattutto – la liberazione della banda dei 700 Mhz, più difficile da noi rispetto agli altri Paesi perché non si sono ancora adottate soluzioni per ospitare i canali televisivi e mux affollati nella banda sub-700. In merito a questi delicati argomenti, Giacomelli non entra ovviamente nel merito, ma assicura che la road map italiana collimerà con quella europea sia nelle tempistiche che nel raggiungimento degli obiettivi. Sul fronte interferenze, il sottosegretario ha reso noto che sono già stati avviati dialoghi con i paesi confinanti per risolvere il problema con accordi bilaterali su assegnazione e utilizzo delle frequenze; mentre glissa sul sovraffollamento della banda con una dichiarazione di intenti: “entro giugno 2018 dovremo definire la roadmap della transizione alla banda 700 in cui sarà tracciato il percorso per arrivare alla gara di assegnazione di queste frequenze. Se c'è chi pensa ad una Italia in ritardo o riluttante si sbaglia di grosso. Tuteleremo fino al termine ultimo gli interessi nazionali ma rispetteremo tutti gli impegni presi”. Un eventuale ritardo sulla tabella di marcia è preoccupante sia per l’economia, sia per la tutela dei consumatori: da un lato, infatti, le imprese difetterebbero di competitività nel mercato europeo e globale, mentre dall’altro lato la mancanza di una soluzione definitiva riguardo le frequenze televisive comporterebbe spese per i possessori di apparecchi televisivi da adattare di volta in volta alle soluzioni provvisorie. Pertanto, per evitare possibili e gravi pregiudizi, ci si augura che il piano di realizzazione della connessione 5G prosegua come auspicato. (V.D. per NL)
07/03/2017 14:33