Editoria: rivoluzione al Nyt online, anche pubblicitaria. Con “native advertisment” sfuma rapporto tra news e spot

Rivoluzione grafica al New York Times online. Da dopodomani sarà cliccabile il nuovo sito internet del principale quotidiano statunitense: è il primo, consistente cambio di look da cinque anni a questa parte da parte della ‘Old Gray Lady.

La nuova piattaforma dovrebbe rendere la navigazione più semplice e coinvolgente con una grafica pulita e ottimizzata per tablet e computer portatili. Ma la vera rivoluzione riguarderà la pubblicità. E sarà davvero una svolta epocale, data la potenza di fuoco della gloriosa testata della famiglia Sulzberger. Il New York Times introdurrà’ infatti il ‘native advertising’, una controversa strategia commerciale sempre più usata in Usa e che prevede contenuti editoriali sponsorizzati dagli inserzionisti. "Ci rendiamo conto che è una scelta difficile ma necessaria. Ci sarà sempre una separazione tra il lavoro della redazione e il compito di creare contenuti per la pubblicità", ha assicurato l’editore Artur Sulzberger. Sul chi vive il direttore Jill Abramson: ha garantito che "starà con gli occhi aperti" per accertare che non ci siano confusioni tra content editoriale e quello a pagamento. Il "native advertising" sposta la pubblicità da dove tradizionalmente era stata – ai margini delle pagine – in posizioni più "organiche" rispetto ai contenuti, ad esempio in mezzo a un articolo e i titoli di articoli di argomento collegato. Altri spot, che il Times definisce "annidati", saranno collocati all’interno di un pezzo, con la possibilità di espandersi e contrarsi a seconda di come il lettore usa il mouse. Lanciati anni fa da siti come Buzzfeed, i "native advertisements" imitano il modo con cui la pubblicità è inserita in social network come Facebook e Twitter: saranno ben identificabili dai lettori del New York Times con una banda colorata blu e la dicitura "paid post", hanno assicurato i vertici del giornale, a cui gli auspicati ricavi serviranno a migliorare i proventi da pubblicità che da anni non danno, anche online, i risultati sperati. (ANSA)

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