Frequenze tv per il potenziamento della banda larga in mobilità: inizia il previsto braccio di ferro

Da una parte ci sono oggettive urgenze: il mercato italiano è invaso da dispositivi mobili connessi a internet (smartphone e tablet pc in primis), che, per funzionare correttamente, necessitano di una capacità trasmissiva che le attuali infrastrutture non sono già in grado di reggere.

Dall’altra, si lamenta come non si possa certamente sviluppare un settore essenziale affossandone un altro altrettanto promettente. Per sviluppare la tecnologia HD e 3D sul DTT la televisione ha bisogno di frequenze al pari della telefonia mobile, sicché proprio non se ne parla di mollare risorse. Sul punto, netto è stato Fedele Confalonieri (presidente Mediaset): “L’ipotesi di liberare uno spicchio importante di spettro televisivo comporta per le tv un’ulteriore contrazione di spazio fisico disponibile. Il suggerimento europeo andrebbe almeno coordinato con le esigenze anche dei broadcaster di sperimentare ed attuare nuove tecnologie diffusive e soprattutto verificato con l’utilità vera dei servizi che gli operatori telco offrirebbero ai consumatori”. Ma a premere sull’opportunità di ridistribuire le risorse radioelettriche c’è anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che scoperto che per corroborare il patito bilancio statale la soluzione percorsa dai altri stati di mettere all’asta le frequenze televisive (bene pubblico monetizzabile)  potrebbe essere un valido palliativo (si stimano ricavi tra 2 e i 3 miliardi di euro), pressa per l’avvio delle procedure. Torchiati da ogni parte, Agcom e Ministero dello Sviluppo Economico non sanno più che pesci pigliare e, in un delirio tecnico-giuridico, proseguono a tentoni, tirando più o meno involontarie capocciate e pestando piedi a tutti. Tanto per fare qualche esempio, l’UE, nell’aprile scorso, aveva invitato gli stati membri a variare la destinazione dei canali UHF da 61 a 69 dalla radiodiffusione televisiva all’internet mobile, tornando poi sull’argomento con maggiore insistenza nel mese di settembre. Antenne%20Monte%20Serra%20Toscana - Frequenze tv per il potenziamento della banda larga in mobilità: inizia il previsto braccio di ferroIncurante di ciò, Agcom ha invece previsto, in occasione della revisione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il DTT del giugno 2010 (Del. 300/10/CONS), che le frequenze in questione fossero la naturale collocazione delle tv locali (orientamento inevitabilmente confermato il 16/09/2010 con la Del. 475/10/CONS, recante la pianificazione di dettaglio dell’AT3). Sennonché, pochi giorni fa, il presidente Calabrò è andato in Parlamento a confermare che se un bel po’ di frequenze tv non verranno quanto prima dirottate alla telefonia, al nostro paese sarà tributato l’infelice primato di fanalino di coda mondiale nello sviluppo della banda mobile in mobilità. Per parte propria, il dicastero di Paolo Romani sta assegnando frequenze per la migrazione delle aree tecniche 5, 6 e 7 (Emilia Romagna, Veneto e Friuli) dopo aver raschiato il barile con l’area 3 (Lombardia e Piemonte orientale), utilizzando tutto l’impiegabile ed anche di più (con buona pace di altri servizi, come, ad esempio, la radio digitale). Ciò nonostante, il neoministro rassicura gli operatori telefonici che a breve risolverà il problema. Salvo poi dichiarare che "si sta lavorando” in questa direzione ma occorre anche "ricordare che ad oggi le frequenze non sono disponibili e bisogna tenere conto dei diritti di chi le possiede". Così pare proprio che per uscire dall’impasse occorrerà, come al solito, studiare una soluzione all’italiana, che, con ogni probabilità, si estenderà in tre direzioni. La prima, scontata, sarà un incentivo alla restituzione allo Stato delle frequenze nel range 61-69 UHF (preventivamente) assegnate (guarda caso) alle tv locali a fronte di un indennizzo misurato sulla base d’asta per l’attribuzione delle risorse agli operatori telefonici. Il limite di tale approccio è che i network provider si dichiareranno disponibili a dismettere frequenze prevalentemente in aree di servizio secondarie, cioè dove la richiesta di risorse radioelettriche per lo sviluppo della banda larga in mobilità è inferiore (se non inesistente, in quanto frequenze impiegabili già esistono), mentre nei bacini congestionati (di norma quelli ad alta densità demografica) nessuno mollerà l’osso. La seconda iniziativa che sarà posta in essere consisterà, inevitabilmente, nel favorire la restituzione indennizzata dei canali tra il 61 ed il 69 UHF stimolando accordi consortili tra le emittenti locali che li occupano ed altri operatori di rete destinatari di frequenze più basse (che trarranno anch’essi benefici economici dall’operazione). Il rischio d’insuccesso di tale strategia è però che, fondandosi su rapporti di natura privatistica, lo Stato ha ben poca capacità persuasiva. Il terzo (e probabilmente più idoneo) metodo sarà, con ogni probabilità, quello di rendere quanto più intransigente possibile la verifica dell’efficace sfruttamento della capacità trasmissiva, applicando rigidamente la norma (art. 52 c. 3 D. Lgs. 177/2005) che prevede che qualora entro sei mesi dall’avvenuta assegnazione gli operatori di rete non provvedano all’efficace illuminazione del bacino territoriale assentito il MSE-Com possa revocare o ridurre l’assegnazione qualora il soggetto interessato, avvisato dell’inizio del procedimento ed invitato a regolarizzare la propria attività di trasmissione, non vi provveda nel termine di sei mesi dalla data di ricezione dell’ingiunzione. In tale prospettiva, come si è avuto modo di osservare in altre occasioni, le risorse radioelettriche riacquisite dallo Stato potrebbero essere oggetto di rapida (ri)assegnazione ai servizi tlc che ne facciano richiesta. E vedrete che proprio quest’ultima strada finirà per essere la preferita, e ciò anche e soprattutto in considerazione del fatto che non solo le frequenze dal 61 al 69 UHF saranno sottoposte ad attento ed intransigente monitoraggio per la verifica dell’efficace sfruttamento, ma, in generale, ogni canale assegnato, allargando così le possibilità d’incetta statale. Del resto, come è stato dimostrato qualche settimana fa dal Politecnico di Torino, anche i canali sotto il 61 UHF sono adatti a sviluppare la banda larga in mobilità. (M.L. per NL)

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