Parabola discendente di un contenitore commerciale: a Mediaset calano raccolta e share. Da quando Silvio non è più al governo

La storia del dominio www.mediaset.com non rinnovato, perso e lestamente sottratto da un signore americano del Delaware, è una bazzecola confrontata ai problemi di natura economica e strutturale che Mediaset sta affrontando.

Ma è probabilmente sintomatica del momento di agitazione e confusione che si vive a Cologno Monzese. Un passo indietro: la scorsa estate il dominio www.mediaset.com, portale di richiamo del Biscione, scade. Lo compra, allora, un signore americano, di nome Didier Madiba, che ha una società che porta lo stesso nome ma che vende software (quindi apparentemente senza fini speculativi). Mediaset, allora, si appella all’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale; ma l’iniziativa non porta a nulla, tanto che, da un paio di giorni, www.mediaset.com non è più riconducibile all’azienda della famiglia Berlusconi, che lo ha sostituito con www.mediaset.it (ma non è evidentemente la stessa cosa). Avvenimento paradigmatico, ma non è certo questo ciò non fa dormire sonni tranquilli a Pier Silvio Berlusconi e a papà Silvio. Sarà un caso, sarà il momento politico di depressione che sta accompagnando il Pdl, ma Mediaset, che quando invece il partito è sulla cresta dell’onda si ringalluzzisce, diventa combattiva, propositiva, cammina a petto in fuori, sembra accusare non poco i colpi della fine – provvisoria, per lo meno – dell’epoca politica berlusconiana. Da novembre, da quando, cioè, Monti e i suoi tecnici-generali si sono insediati al governo, la raccolta pubblicitaria del Biscione è crollata verticalmente. Prima della caduta del passato governo, Mediaset perdeva solo il 2% sulla raccolta di un anno prima, dato non incoraggiante ma di 2,6% minore rispetto alle perdite molto più corpose dei concorrenti. Tre mesi dopo le perdite continuano più massicce di prima per tutto il comparto, ma stavolta è proprio Mediaset ad avere i dati peggiori. Da 2% a 8,1% di perdite in tre mesi, mentre il resto del comparto (TiMedia-La7, Rai e Sky) si attesta intorno al 7%. Ma cosa è successo, allora? Può darsi che gli investitori abbiano fiutato il momento di depressione e temendo debacle ancora più consistenti abbiano abbandonato la nave alla deriva; oppure che i venditori di Publitalia improvvisamente non riescano più a fare il loro lavoro, che la crisi si sia oggettivamente aggravata o semplicemente che la sfrotuna abbia agganciato il Re dell’ottimismo. Il punto, però, è che non si tratta solo di previsioni negative e mancati investimenti. A Mediaset non tornano proprio i conti. A cominciare dallo share, che cala vertiginosamente a percentuali preoccupanti, specie per le reti in chiaro generaliste. Ancora: Mediaset Premium, altra tegola, non raggiungerà l’utile fino al 2014. Eppoi c’è il tegolone di Endemol, società di produzione di cui la famiglia Berlusconi ha acquistato una quota consistente – circa un terzo – e che registra perdite per circa 3 miliardi di euro, non portando quindi nessun introito nelle casse. Pier Silvio continua a ripetere che non ci saranno tagli sul personale ma soltanto un calo delle spese televisive nell’ordine del 4-5%. Ma molto dipende da cosa il governo deciderà riguardo il beauty contest (sul quale l’ex premier aveva dichiarato una sostanziale indifferenza, salvo poi ricorrere al TAR contro la decisione di Monti di congelamento sino alla decisione finale sull’opportunità di trasformarlo in asta competitiva). A Cologno nel frattempo attendono e tremano. (G.C. per NL)

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